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Il Capitale Nel XXI Secolo (2014)

by Thomas Piketty(Favorite Author)
3.96 of 5 Votes: 4
ISBN
8845277739 (ISBN13: 9788845277733)
languge
English
publisher
Bompiani
review 1: Cinque pregi (anzi, sei) e tre difetti. Fatte le somme, decisamente un buon saggio. Non è piaciuto a molti accademici, marxisti ortodossi e liberali duri e puri. Quindi, forse è un ottimo saggio.1) Rimette la questione della diseguaglianza dove deve stare: al centro della politica economica. 2) Ripesca l'economia politica dalla deriva econometrica dei fogli di excel e la ricolloca dentro la Storia. Non basta avere i dati, le formule matematiche e una teoria già fatta in testa per capire. E non è vero, ovviamente, che "la Storia è finita". I problemi di oggi sono dentro la Storia e i fatti e i numeri dell'economia li capisci se capisci come si sono determinati, da dove vengono e come si muovono nel tempo e nello spazio. La ricerca di Piketty questo fa: raccoglie e stor... moreicizza due secoli di dati. Certo che c'è qualcosa di marxiano nel titolo del libro! Richiama proprio la scoperta del metodo storico nello studio dell'economia politica. Che venga da un economista di matrice liberal è un'ulteriore merito (suo e del metodo). 3) Maneggia con una leggerezza colta e divulgativa una quantità impressionante di statistiche. La lettura è sorprendentemente agevole, nonostante la mole del libro e la mole di cifre. Persino piacevole. 4) Smaschera una serie di luoghi comuni falsi e dolosamente propagandati. Cose tipo "maggiori meriti=maggiori redditi". È l'equazione che sta alla base della cosiddetta cultura meritocratica, quella del managerialismo dominante: la "nuova" cultura dei “nuovi” ricchi. Semplicemente, non è vera. I super-redditi dei marchionni piccoli e grandi non sono solo eticamente intollerabili. È che non sono collegabili e spiegabili, se non in misura parzialissima, con conoscenze, lavoro e risultati (che spesso non ci sono o sono indipendenti o quasi da fattori gestibili). La spiegazione invece è banale e con meriti propagandabili c’entra poco. Così come i patrimoni, soprattutto i grandi, si trasmettono e si riproducono con meccanismi in buona parte automatici (come le successioni e le rendite), riassumibili in una semplice equazione. La cancrena della finanza che si sta mangiando l'economia reale è solo la versione global e informatica di questi meccanismi, vecchi di secoli. Tutte cose che vengono documentate e raccontate molto bene. 5) Elabora una proposta (la tassa progressiva e planetaria sui patrimoni) che può essere più o meno condivisa e ritenuta più o meno praticabile, ma ha fondamenti tecnici, storici, etici e sociali, spiegati come meglio difficilmente si poteva. Una ricetta che, se a sinistra ci si sveglia, in Italia e in Europa si imporrà come una necessità, prima o poi.I difetti. 1) Non si occupa di internet, che è il più nuovo e più potente strumento di produzione e di concentrazione della ricchezza oggi in azione. Lì, ancora quasi inesplorata, si nasconde la nuova pompa cardiaca del capitalismo. 2) Schiaccia la politica economica tutta e solo sulla leva fiscale (ma ha anche il coraggio di smascherare la truffa dello slogan "meno tasse per tutti"). 3) L'ansia divulgativa produce una esagerata ripetizione dei concetti essenziali. Comodo per chi è a digiuno (non a caso si vende come una caramella), ma per chi ha un minimo di dimestichezza con la materia la freccia del sorpasso lampeggia spesso.Ps) Dimenticavo. Mi ha messo voglia di (ri)leggere Balzac e la Austen. Gran pregio anche questo.
review 2: I worked my way through most of this book. Actually, for economic history and theory, it is quite readable although it could have been much more concise if not written in the first person. Also, it would have helped to include true, topic paragraphs at the beginning and end of each chapter. Sometimes it was difficult to ferret out what point Piketty had been trying to make. At times, he seems so caught up in the data that he doesn't seem to be making any point at all. This weakness stems from his major achievement as the assembler of the longest and broadest database of wealth and income data spanning several centuries and many countries. In fact, much of the book concerns the sources and limitations of these data. In the end, I am not persuaded that Piketty understands the sources nor solutions to income and wealth disparity, but he did make the following interesting points:1. The good old days of the 1950's when the U.S. (and Europe) experienced a compression of income and wealth disparity was a historical anomaly resulting from the massive destruction of wealth in WWI and II. The trend of capitalism appears to be the relentless concentration of wealth.2. Income disparity is encouraged, if not entirely driven, by tax rates and other government policies, not the natural result of some economic law. Thus, there is an opportunity and possibly a duty of governments to address this issue.3. The U.S. had significantly more income and wealth disparity than other countries, but all developed countries are experiencing increasing disparity especially after the "catch up" years following WWII.4. Half of personal wealth is held in residences the other half in investments such as stocks.5. Piketty worries about social unrest resulting from increasing disparity of wealth. He repeatedly refers to the specter of the French Revolution, a somewhat peculiarly french obsession. less
Reviews (see all)
Meddy
Slow read and overly verbose. A good look at the history of the distribution of wealth. DNF
fabia88
Despite its value and compelling topic, I could not finish this book.
lotsaluv
Amazing insights, well researched, scary facts!
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