Damien Hirst – La mostra “Treasures from the wreck of the Unbelievable”

Che cosa era.
Parliamo qui della mostra veneziana di Damien Hirst: “Treasures from the wreck of the Unbeliavable”, che – tradotto letteralmente – signifca: “Tesori dal relitto della Incredibile”.
La “Unbelievable” (o “Incredibile”) era una nave di proprietà di un liberto di Antiochia chiamato Cif Amotan, ricchissimo collezionista vissuto tra il I e il II secolo Dopo Cristo.
La “Incredibile”, o meglio il suo relitto con l carico intatto, è stata ritrovata sui fondali dell’Oceano Indiano nel 2008 da una spedizione finanziata da Damien Hirst, e da lui personalmente guidata.
All’interno del relitto della Unbeliavable sono stati recuperati testimonianze artistiche provenienti da civiltà esotiche: dall’estremo oriente all’india, dal Medio Oriente alle brughiere celtiche, dalla civiltà classica alle steppe siberiane. In pratica si tratta di una raccolta di testimonianze di tutta la nostra storia sul pianeta dacché abbiamo iniziato a dar vita a civiltà complesse.
Si tratta di sculture, principalmente, oltre che di gioielli e utensili forgiati in oro e pietre preziose. Alcune delle opere sono ancora nascoste nelle loro pure forme originali, dalle concrezioni marine di coralli e altre forme di vita che in duemila anni hanno aggredito le opere. A causa di queste concrezioni, a volte impossibili da eliminare completamente, sono state fatte anche delle repliche che evidenziano le forme originali di alcuni di quei capolavori.

E poi, lungo il percorso espositivo, si possono ammirare i video e le foto dei ritrovamenti subacquei, con i palombari intenti al recupero dei singoli pezzi e con la documentazione della scoperta delle sculture affioranti dalla sabbia del fondo del mare. Riprese di grandissima qualità e foto di enorme impatto visivo, che si aggiungono allo straniamento della mole e della originalità di ogni singolo pezzo, dal più piccolo al più grande.

Ecco, Damien Hirst ha esposto tutta questa magnificienza nella mostra che ha avuto una doppia location in laguna: a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana. Padrone di casa e mentore dell’evento straordinario, il “doge” dell’arte contemporanea mondiale Francois Pinault che, si dice, abbia prodotto l’evento impegnando una cifra da lavoro cinematografico.
Questa mostra è stata smontata il 3 dicembre 2017 e le sue singole opere che la componevano, quelle che non sono state già vendute prima, sono ora in vendita sul mercato privato mondiale, con Pinault come Maestro delle Cerimonie.
Il tesoro dell’ex schiavo Cif Amotan, che acquistò la libertà, che divenne ricchissimo e che collezionò reperti preziosi da tutto il mondo, ora viene smembrato per adornare case di milionari e musei privati d’arte contemporanea in tutto il mondo.

La verità – il primo livello di lettura.
La verità è che non è mai esistita – ovviamente – nessuna nave Unbelievable, nessuno schiavo liberto chiamato Aulus Calidius “Cif” Amotan. E non sono mai esistite le civiltà sconosciute le cui testimonianze abbiamo visto esposte. Ogni singola opera che era esposta nella colossale mostra a Palazzo Grassi e a Punta della Dogana, era opera di Damien Hirst, ogni singola concrezione corallina, apparentemente frutto della permanenza in mare per due millenni, era una geniale mistificazione costruita ad arte con giada ed altri materiali preziosi.
E chiaramente erano falsi tutti i video e le foto relative ai ritrovamenti ed alle collocazioni delle stesse opere in un altrove non meglio identificato.
Abbiamo visitato non una mostra, ma un vero e proprio set cinematografico o teatrale. Uno dei più grandi set mai concepiti e costruiti al mondo da sempre.

L’unica cosa vera della mostra sono le opere, che sono “autenticamente” false, nel senso che sono tutte veramente create da Damien Hirst. Sono opere “false” nel senso che non appartengono alle opere delle civiltà riportate da Cif Amotan nella sua “Unbelievable”, ma sono opere “autentiche” di Damien Hirst, uno dei più importanti creatori dei nostri tempi. Sono “false” anche le concrezioni marine sulle opere, ma sono al contempo “vere” perché create da Hirst stesso con un utilizzo magistrale di materiali preziosi, come la giada, o comuni, come le resine. Forse. Sono “falsi” i video e le foto che testimoniano le scoperte e i recuperi subacquei delle “false” opere del relitto della “Incredibile”, ma sono “veri” perché si propongono come opere dal grande contenuto artistico filmico, con una ricerca della luce sorprendente, con una scenografia dal forte impatto onirico e con la recitazione dei protagonisti umani, come i palombari e i sub, che ricordano da vicino il Kubrick di “2001 Odissea nello spazio” allorché gli uomini del futuro si avvicinavano al monolite.

Particolare significato ha questa foto, dove si testimonia “falsamente” come alcune opere provenienti da civiltà perdute nei tempi, segnatamente alcuni busti di donna che vedete sulla destra, fossero stati esposti nel novecento durante una mostra d’arte surrealista. Quella foto, di cui Hirst è l’autore, rappresenta un ambiente dove sono esposte numerose opere ascrivibili al momento surrealista dell’arte occidentale, ma sono tutte opere realizzate da Hirst. La foto, poi, contiene anche, seminascosta, un’inquietante figura umana e la rifrazione su uno specchio di chi scattava quella fotografia. Una vertigine di falso e vero che rimane come summa dell’operazione di Hirst che, con questa mostra “Treasures from the wreck of the Unbelievable”, ci guarda dall’obiettivo e che, se guardiamo attentamente, possiamo riconoscere.

Il vero – secondo livello di lettura.
E qui si cela la reale grandiosità di questa operazione, che trascende il valore artistico delle opere esposte, ma che rappresenta il vero sorprendente e titanico artistico, culturale e intellettuale dell’operazione.
Il primo significato celato: Cif Amotan. Aulus Calidius Amotan è formato dal praenomen “Aulus”, uno dei più diffusi specie nel periodo Dopo Cristo sino al quinto secolo e lascia presagire una persona di origini non nobili. “Calidius” invece è distintivo della “Gens Calidia”, un gruppo di famiglie delle quali abbiamo notizie sin dal tardo periodo repubblicano di Roma e che rappresenta genti di estrazione militare e comunque non nobile. Amotan è nominativo non identificato e che comunque lascia presumere origini familiari esotiche. Quindi Cif (il suo nomignolo) Amotan era una persona di umili origini. Hirst lo dice proveniente da Antiochia, nella attuale Turchia. Terra che è stata una delle culle della nostra civiltà e che è rimasta come ponte tra la nostra civiltà e quelle più lontane e esotiche. Era un liberto, cioè un ex schiavo che aveva ottenuto la libertà o perché l’aveva pagata, o perché il suo padrone lo apprezzava e lo amava. E, infine, un liberto di origini non nobili, era diventato ricchissimo. Questo è già un significato forte perché Hirst inventa la figura di una persona senza natali importanti che divenne ricco e coltivò la passione di collezionare arte, anzi testimonianze artistiche di diverse culture. Quindi una persona che si è costruita da sé e che nella sua vita ha perseguito la conoscenza e il gusto per il bello.

Il secondo significato celato: “The Unbelievable”. La nave che avrebbe contenuto tutti questi tesori, era “incredibile”, appunto. Non era credibile che una nave come quella che nella mostra ci viene mostrata da un modellino in scala, potesse contenere tutta quella mole di pezzi che componevano la mostra, alcuni dei quali davvero titanici. Ma la nave era incredibile anche e soprattutto perché era tutta la storia ad essere incredibile, e il nome della nave ce lo diceva da subito: sin dal titolo dell’esposizione.

La verità vera della mostra.
Ma, in tutto questo bailamme di forme e di significati celati, la mostra “Treasures from the wreck of the unbelievable” ha un filo rosso che rende il tutto uno dei più importanti eventi culturali di questo secolo ancora giovane. Infatti le opere di Hirst che erano esposte citavano a piene mani, sempre rielaborandole in chiave moderna, quelle “vere” di tutte le culture che si sono affacciate sul pianeta dacché ne abbiamo evidenza storica o preistorica. Dalle veneri-madre mediorientali a Goofy di Walt Disney, dalle perfette forme classiche greche alle sculture sciamaniche dei popoli degli altopiani asiatici, dalle maschere funerarie egizie alle strutture totemiche preincaiche.
Insomma, la mostra di Hirst era una citazione di tutte le testimonianze artistiche di tutte le civiltà della nostra storia e preistoria. Perché – eccola la verità vera – il carico da recuperare della nave di Hirst è tutta la storia dell’espressione artistica dell’Homo Sapiens Sapiens. Le concrezioni marine che lui ha creato attorno alle sculture, sono le concrezioni che ci impediscono di vedere il vero significato di tutte le produzioni artistiche e culturali umane. Ma non sono solo le testimonianze artistiche antiche ad essere minacciate dalle concrezioni dovute all’averle dimenticate.

Per Hirst è anche la testimonianza del nostro contemporaneo a soffrire e non è un caso che le sculture di un Mickey Mouse e di un Goofy (nella foto qui sopra) siano quelle sulle quali si sono accumulate così tante incrostazioni da renderci quasi impossibile il riconoscerle.
Hirst ci vuole dire che, per potersi nutrire veramente dei significati profondi delle nostre manifestazioni artistiche culturali (presenti, passate e future) occorre liberarle dalle incrostazioni. Ognuno può dare il significato che preferisce a quelle incrostazioni; io le leggo come tutte le sovrastrutture di dogmi e di pregiudizi che ci impediscono la fruizione piena di qualsiasi manifestazione d’arte e/o di cultura.
Insomma, la civiltà perduta della quale Hirst/Amotan ha salvato le testimonianze è l’intera civiltà dell’uomo, nel suo passaggio sulla terra. Una civiltà che necessita riscoperta, tutela e fruizione per tutti.

Conclusione
Un’operazione della quale la parte più importante – alla fine – era il concept, più che le opere in sé (pur bellissime). Un’operazione che i rumors dicono che Pinault abbia prodotto con una cifra da colossal cinematografico: cento milioni di euro (o di dollari, o di sterline. È uguale).
Forse, vendendo le opere ad una ad una si rientrerà in tutto o in parte delle spese di produzione, o forse ci si guadagneranno cifre apocalittiche, chi lo sa.
Di sicuro, per la modica cifra di diciotto euro, io ho avuto l’occasione di avere la mia mente accesa da una scintilla che ha alimentato un fuoco di domande e di considerazioni che ancora arde in me e che – solo in parte – ho voluto qui condividere.
Altre considerazioni più personali e ancora non mature, le tengo per me.

Gianluca Floris

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