Premiato con un Golden Globe, “Valzer con Bashir” di Ari Folman è ora in corsa per l’Academy Award. Ma con il suo film d’animazione il regista ha già vinto la sua scommessa.
Libano, 1982. Il regista Ari Folman, allora diciannovenne, prende parte come soldato di leva alle operazioni militari Israeliane in territorio Libanese. Tra i testimoni oculari della strage di Sabra und Schatila, costata la vita a centinaia, forse migliaia palestinesi, perpetrata da milizie di Cristiani libanesi con la connivenza degli alti ranghi dell’esercito Israeliano, vi è anche lui. Colpito da stress post-traumatico, Folman per decenni conserverà di quella vicenda solo un ricordo vago e lacunoso. Basta però la conversazione con un vecchio commilitone, tormentato da incubi ricorrenti legati a quella campagna militare, per scatenare in lui la voglia di ricordare. Nasce così, da un’esperienza autobiografica del regista, l’acclamato fim d’animazione “Valzer con Bashir” – nominato miglior film del 2008 dall’accademia dei critici cinematografici americani, premiato quest’anno con un Golden Globe e ora dato per favorito nella corsa all’Oscar al miglior film straniero. Il film, un periglioso viaggio negli antri oscuri della memoria, a metà strada tra la realtà e sogno, presente e passato, si basa su delle vere interviste (Ari Folman interpreta se stesso nel film: il signore dagli occhi blu è lui), che in un secondo tempo sono state disegnate e poi post-sincronizzate da attori e costituisce un raro esempio di documentario storico realizzato con la tecnica del cartoon. Un esperimento decisamente ben riuscito, che dimostra come i due generi cinematografici non siano necessariamente antitetici. «Si tratta in effetti di nuovo genere, che potremmo battezzare documentario animato», spiega il regista israeliano. «Si è trattato di una scelta artistica ben precisa, chiara fin dall’inizio del progetto, che ho abbracciato non tanto per mancanza di materiale documentaristico sulla strage di Sabra und Schatila , ma perché mi garantiva libertà fabulatoria assoluta. Nessuno voleva credere nelle potenzialità di questo genere ibrido: quando ho presentato il progetto, a Toronto, 38 produttori su 40 mi hanno chiesto con scetticismo: perché usare un cartone animato per fare un documentario su una guerra?». Folman definisce il suo film “apolitico”, e questo sorprende, soprattutto alla luce dei recenti eventi in Medio Oriente. «In un film-documentario politico», spiega il regista «ci saremmo curati di dar voce a più punti di vista, intervistando dei Palestinesi, dei Cristiani. Ma non è il caso di Valzer con Bashir. È un film autobiografico, dal messaggio molto semplice : le guerre, tutte le guerre, sono inutili. Mi auguro che il film serva ad aprire gli occhi ai giovani, che insegni loro che nella guerra non vi è niente di glorioso, o addirittura glamour, come vorrebbero farci credere certi film americani. Se anche pochi di loro, dopo aver visto il film, proveranno repulsione per la guerra, avrò raggiunto il mio traguardo ». Alla domanda quale sia la scena che preferisce nel film, Folman risponde senza indugi : «Quella che dà il titolo al film, in cui un soldato si lancia in una danza surreale in mezzo agli spari, all’ombra di una gigantografia di Bashir Gemayel, il leader Cristiano ucciso in un attentato pochi giorni prima. In quella scena l’atto di sparare, e di schivare i colpi altrui, si sublima in un valzer. È una scena terribile e al tempo stesso magnifica. Due aggettivi che ben si prestano a riassumere il film». Al momento Folman è impegnato alla riduzione cinematografica de “Il congresso di futurologia”, il noto racconto di fantascienza di Stanislav Lem, nella quale scene animate si alterneranno a scene filmate.
Michele Fossi
Pubblicato su L’Uomo Vogue, Febbraio 2009